Simbolo di una terra e di una tradizione secolare, l’Oliva Ascolana del Piceno DOP racchiude in ogni morso la cura del territorio, la sapienza contadina e l’eccellenza della gastronomia italiana. Dalla coltivazione rigorosa alla ricetta codificata della celebre versione ripiena, questo prodotto tutelato racconta una storia di identità, qualità e passione che attraversa le generazioni.
C’è un gusto che racconta una terra, una ricetta che attraversa i secoli e che ancora oggi, a ogni morso, sa parlare di radici profonde: è quello dell’Oliva Ascolana del Piceno, ambasciatrice gastronomica delle Marche e parte dell’identità culinaria dell’Italia centrale.
La sua storia affonda le radici nell’Ottocento, quando i cuochi delle famiglie nobili ascolane iniziarono a farcire le pregiate olive della varietà Ascolana Tenera con carni e spezie, per creare un antipasto tanto ricco quanto sorprendente. Da allora, questa specialità ha conquistato prima le tavole delle case e poi quelle della ristorazione, fino a ottenere il riconoscimento ufficiale della Denominazione di Origine Protetta (DOP) da parte dell’Unione Europea nel 2005.
Ma non è solo una questione di sapore: dietro ogni oliva ripiena si cela un mondo fatto di regole precise, saperi contadini, rigore produttivo e tutela del territorio.
Un territorio, una varietà, una tradizione
Per fregiarsi del nome “Oliva Ascolana del Piceno DOP”, l’intero processo produttivo deve avvenire in una zona delimitata tra le province di Ascoli Piceno e Teramo, dove il terreno – calcareo, argilloso o arenaceo – e il clima contribuiscono a dare alle olive quelle caratteristiche inconfondibili: polpa tenera, sapore delicato e un rapporto polpa-nocciolo superiore a 4.
La varietà impiegata, l’Ascolana Tenera, è coltivata in impianti specializzati con sesti regolari, ben arieggiati e illuminati. La raccolta avviene tra il 10 settembre e il 20 ottobre, con un rendimento massimo di 70 quintali per ettaro. E dopo la raccolta? Inizia la trasformazione, secondo un disciplinare rigido che garantisce qualità e autenticità.
Olive in salamoia: il rispetto della materia prima
La fase di deamarizzazione – ovvero la rimozione del sapore amaro naturale dell’oliva – avviene entro 48 ore dalla raccolta, con immersione in idrato sodico per 8-12 ore, seguita da numerosi lavaggi e fermentazione naturale in salamoia. Niente scorciatoie industriali: solo acqua, sale (tra l’8% e il 10%) e tempo.
Il risultato? Olive dalla buccia liscia, di colore verde paglierino, fragranti, croccanti e con un leggero retrogusto amarognolo che le rende perfette anche da sole, in antipasto o aperitivo.
La regina: l’oliva ascolana ripiena
Ma è nella versione ripiena che l’oliva ascolana esprime tutta la sua anima gastronomica. Una vera opera di artigianato culinario, che prevede un impasto a base di carni miste (bovino, suino e, in minor parte, pollame), rosolate lentamente con cipolla, carota, sedano, vino bianco e aromi. Una volta cotta, la carne viene tritata e amalgamata con uova, formaggio stagionato grattugiato e noce moscata.
Ogni oliva viene denocciolata a mano, riempita con cura, poi impanata in farina, uovo e pangrattato e infine fritta in olio caldo, fino a ottenere una doratura uniforme e croccante.
Il prodotto finito, al momento della vendita, deve avere una forma leggermente irregolare, con la panatura ben aderente, un profumo delicato ma riconoscibile e una consistenza compatta, fragrante al palato. Una porzione da 1 kg contiene tra 65 e 95 olive, ognuna frutto di gesti precisi e passione per la qualità.
Dietro la qualità, un sistema di tutela
Per garantire trasparenza e autenticità lungo tutta la filiera, il Ministero delle Politiche Agricole ha riconosciuto – con decreto del 12 marzo 2018 – il Consorzio di tutela e valorizzazione “Oliva Ascolana del Piceno” DOP, con sede ad Ascoli Piceno.
Il Consorzio ha il compito di vigilare sulla produzione, mantenere aggiornati gli elenchi di olivicoltori, trasformatori, allevatori e confezionatori, e difendere la denominazione da abusi e imitazioni. Nessuna improvvisazione è ammessa: l’etichetta deve riportare chiaramente il nome “Oliva Ascolana del Piceno”, senza aggiunte fuorvianti come “genuina” o “selezionata”.
Una DOP viva e attuale
Oggi le “Olive Ascolane del Piceno” sono molto più che una specialità locale: rappresentano un esempio riuscito di valorizzazione del patrimonio agroalimentare italiano, in cui il gusto si intreccia con il rispetto delle regole, dell’ambiente e delle persone.
Che siano servite calde in una trattoria del centro storico di Ascoli o gustate in famiglia durante una festa, restano un simbolo di convivialità e saper fare, capaci di raccontare, a ogni assaggio, una storia che continua.