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Alla scoperta del Salento misterioso ed esoterico: Galatina, Soleto e Otranto

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11 Agosto 2025

3 minuti

Foto di Nove Colonne - La Cattedrale di Santa Maria Annunziata, Otranto (LE)

Oltre le spiagge da cartolina, il Salento custodisce un’anima enigmatica fatta di miti, magie e simboli nascosti. Da Galatina e il rito della taranta a Soleto e i racconti alchemici di Matteo Tafuri, fino ai misteri del mosaico di Otranto e ai graffiti della Grotta dei Cervi, scopri un volto antico e affascinante della Puglia.

Il Salento non offre solamente spiagge in cui rilassarsi, masserie e trulli in cui gustare i piatti tipici e architetture in Barocco o Romanico pugliese. Oltre a essere una rinomata meta turistica, infatti, si tratta di una terra di misteri, miti e racconti esoterici che vale la pena approfondire. Un lato nascosto da svelare, a partire da uno degli elementi più caratteristici della Puglia: la taranta, termine che deriva dalla credenza popolare secondo cui il morso di un ragno potesse causare una condizione nota come “tarantismo”, curabile attraverso la musica e la danza.

Il primo passo per entrare nel mistero della taranta si può fare nella cittadina di Galatina, in provincia di Lecce. Nello specifico, secondo la leggenda l’apostolo Paolo venne ospitato da un galatinese nella propria dimora, oggi detta “casa di San Paolo”. Il santo, per ricambiare l’ospitalità, fece dono ai galatinesi dell’immunità al veleno delle tarantole. Nei pressi della cappella si trova ancora oggi il pozzo la cui acqua si dice facesse guarire miracolosamente da punture e morsi di animali velenosi. La stessa acqua che in passato veniva fatta bere alle “tarantolate” prima del rito curativo, accompagnato dal segno della croce sulla ferita e da cantilene salvifiche contro il veleno del ragno. Una sorta di “esorcismo”, dunque, accompagnato da tamburelli, violini e armoniche. Oggi le “tarantate” non esistono più, ma il ritmo ipnotico della pizzica ancora risuona nelle piazze pugliesi come simbolo dell’identità salentina e la Notte della Taranta richiama curiosi e turisti in Salento a fine agosto.

La seconda tappa è il borgo di Soleto, luogo di nascita del filosofo, alchimista e medico Matteo Tafuri (8 agosto 1492 – 18 novembre 1584). Definito il “Socrate di Soleto”, dopo aver viaggiato in tutta Europa e in Asia Minore si dedicò all’insegnamento proprio nel suo paese natale. Fu una personalità temuta e omaggiata per le presunte capacità divinatorie, mentre il suo interesse per la magia e l’alchimia gli valsero un seguito di calunnie, per le quali fu additato come “stregone”. Tra i racconti del filosofo spicca quello relativo alla Guglia Orsiniana, realizzata nel 1397. Di quest’opera di Soleto, alta 45 metri, Tafuri disse che un gruppo di streghe ricamarono febbrilmente la trama delle sculture, mentre schiere di diavoli alati trasportavano le componenti della struttura per costruire il campanile in una sola notte. Tuttavia, al canto del gallo, quattro diavoli rimasero pietrificati sogghignanti ai quattro angoli del campanile.

Terza tappa di questo viaggio nei misteri del Salento è Otranto, la cui Cattedrale di Santa Maria Annunziata conserva un prezioso mosaico eseguito dal monaco Pantaleone tra il 1163 e il 1165. Quest’opera, ben conservata, mostra un labirinto teologico sul quale, a volte, sfugge la vera interpretazione iconologica all’osservatore contemporaneo. Fulcro è l’Albero della vita, lungo il quale si dipanano le principali rappresentazioni con al vertice l’immagine del Peccato originale. Presenti numerose figure che rimandano ad animali o miti dal significato allegorico non sempre chiaro. Tra di esse spiccano un toro, un Behemot, il Leviatano, un elefante con stella a cinque punte, un centauro, un unicorno, una sirena che stringe le sue due code, un asino che suona la lira e molto altro.

Infine, il Salento, una delle zone più grandi d’Europa a ospitare dolmen, menhir e monumenti megalitici, non può che offrire uno dei siti archeologici più significativi in Italia. È la Grotta dei Cervi, la cosiddetta “Sistina del Neolitico”, che conserva oltre 3.000 pittogrammi del Neolitico. Simboli misteriosi sopravvissuti fino a oggi e che fanno pensare a un culto preistorico del passato che anche oggi non smette di affascinare.

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